venerdì 30 gennaio 2009

Stasera a cena da Flipper.


L'intelligenza dei delfini continua a stupire.
Secondo una recente ricerca pubblicata dalla rivista PloS ONE, il simpatico cetaceo sarebbe, infatti, un abile "chef" in grado di preparare delle seppie tenere e saporite.
Nessuno scherzo. Lo studio, condotto su un esemplare femmina di Tursiops aduncus, comunemente noto come delfino con il naso a bottiglia, nelle acque del Golfo di Spencer nella costa meridionale dell'Australia, ha messo in evidenza le particolari abilità dell'animale nella pulitura del succulento mollusco.
Con una tecnica raffinata il delfino blocca la seppia con il muso sul fondale marino e la uccide con un potente colpo di coda. Per liberarla dall'inchiostro indigesto che essa conserva all'interno del proprio corpo e che viene espulso nelle situazioni di pericolo, il mammifero solleva l'animale morto e lo colpisce ripetutamente con il muso da una parte e dall'altra, fin quando tutto il liquido non è stato completamente eliminato.
E' il momento di eliminare l'osso di seppia. L'animale viene di nuovo spinto sul fondale dove viene strofinato accuratamente finché l'osso non schizza fuori.
Il pranzo è pronto per essere assaporato.
Questo comportamento nella preparazione del cibo è dimostrazione, così come sottolinea lo studio, di una notevole versatilità e capacità di un animale che, ci si può giurare, non ha ancora finito di stupirci.

Se il tostapane diventa un acceleratore di particelle.


Accoglie i visitatori con entusiasmo e da dietro i suoi occhiali spessi e pesanti non lesina sguardi sinceri a nessuno.
E' il prof. Guido Pegna, docente di didattica della fisica ed elettronica, presso il dipartimento di fisica dell'Università di Cagliari, direttore del museo di dipartimento e tra i maggiori produttori al mondo di exhibits scientifici esposti all'interno dello stesso museo.
Con i suoi exhibits, strumenti dimostrativi di realtà e fenomeni fisici, ha portato la fisica dentro le nostre case, o meglio fuori da esse, perché tutto il materiale utilizzato nella produzione di tali dispositivi è di uso comune: forni a microonde, lampadine, bottiglie di plastica, posate.
Invita noi, studenti del master di comunicazione delle scienze, nel suo studio con l’esaltazione di un bambino che vuole mostrare il suo giocattolo più bello. E’ qui infatti che nascono le sue creazioni, le novità non ancora esposte e collaudate.
Il disordine regna sovrano: boccette con liquido multicolore, voliere appese un po’ dappertutto che pendono minacciose sulle nostre teste, cavi elettrici ovunque e pezzi di polistirolo.
E’ in questo scenario che il prof. Pegna dà inizio al suo spettacolo e noi, per questa volta, saremo i fortunati spettatori.
Ed ecco che le lampadine si accendono magicamente pigiando il tasto On del forno a microonde “non riproponete l’esperienza nelle vostre cucine” suggerisce caustico il professore che per noi si fa conduttore facendosi percorrere da una scarica elettrica ad alto voltaggio, “niente paura” ci rassicura “sono elettricamente isolato” riferendosi a un cubetto di polistirolo sotto i suoi piedi.
Poi è la volta del ferrofluido, un liquido che si polarizza fortemente in presenza di un campo magnetico e si dispone creando forme curiose simili a ricci di mare, basta che sia messo a contatto con un piccolo magnete.

E ancora gabbie in perfetto isolamento elettrostatico interno, per mostrarci un vecchio esperimento proposto quasi 200 anni fa dal fisico inglese Faraday.
Da una vecchia latta Pegna tira fuori delle strane pietroline, che subiscono la forza attrattiva dei magneti. Ma cosa siano non si sa, “le ho trovate nel giardino di casa mentre cercavo i bulloni della moto” confessa il professore.
Ma il culmine dello stupore arriva quando ci mostra un trasformatore di Tesla, da lui assemblato con materiale raccogliticcio, tubi di alluminio flessibili usati nelle vecchie caldaie, lastre di rame che sembrano ricavate da grondaie ormai logore. Questo buffo strumento è meno innocuo di quanto sembri ed è infatti capace di produrre scariche elettriche a 800.000 volt, veri e propri lampi in una stanzetta di qualche metro quadrato.
Brandendo una lampada al neon come fosse una sciabola, il professore la fa percorrere dal lampo prodotto dal trasformatore e questa si accende come se fosse la spada di Luke Skywalker, e lui salta da una parte all’altra e ride per la nostra meraviglia.
La visita finisce così e a noi sembra di essere stati più alle giostre che in un laboratorio di fisica.
Ci allontaniamo in silenzio e ci auguriamo che a Prof. Pegna domani non venga in mente di riparare il tostapane.